di Federica Garofalo
Romans Langobardorum: popoli delle steppe attraverso l’Isonzo
Forse non tutti sanno che Romans d’Isonzo (che i Friulani chiamano con il nome molto curioso di “Romans dal Lusinç”), questa cittadina in provincia di Gorizia circondata da boschi di rovere e ontani e lambita dal fiume Isonzo, dal quale prende il nome, forse ha costituito uno delle tappe fondamentali del viaggio con cui i Longobardi di Alboino, entrati in Italia attraverso Cividale del Friuli, hanno potuto proseguire per occupare il resto della penisola. E proprio da qui vuole partire il nostro viaggio, che ci condurrà attraverso le più importanti manifestazioni di rievocazione storica riguardanti i Longobardi ospitate da Nord a Sud dello Stivale.
Questo perché a Romans d’Isonzo, dove tra l’altro, nel 1986, è stata rinvenuta una delle più grandi necropoli longobarde esistenti, si è tenuta, dal 15 al 17 maggio scorso, la terza edizione dell’evento Romans Langobardorum, a cura dell’associazione storica Invicti Lupi, e che ha contato in tutto 12 gruppi, di cui due provenienti dall’Ungheria, ed è stata premiata con una buona affluenza di pubblico.
Abbiamo cercato di saperne di più dall’ideatore e organizzatore della manifestazione, nonché presidente degli Invicti Lupi, Matteo Grudina:
«La nostra associazione, esistente dal 2011, è nata proprio con l’idea di promuovere la necropoli di Romans, una delle necropoli longobarde più grandi in Italia, e per giunta precedente all’VIII secolo, dunque utilissima per mettere a fuoco i Longobardi dei primissimi tempi. La prima edizione di Romans Langobardorum, inaugurata l’anno successivo, è stato un passo ulteriore in questo senso. Non a caso quest’anno abbiamo deciso di ambientare la rievocazione non nel centro di Romans, ma poco fuori la cittadina, nell’area dei laghetti Fipsas, in cui abbiamo allestito il campo storico: all’epoca, questa era zona di guadi, ricoperta da foreste paludose. Una zona di frontiera, dunque, che collegava il Friuli alla Slovenia e all’Est, lo sfondo ideale per proporre un contesto longobardo di frontiera, tipico del VII secolo, che includesse anche un richiamo ai popoli dell’Europa dell’Est e ai popoli delle steppe da cui provenivano anche i Longobardi. L’idea era quella di un evento tarato non tanto per un pubblico di singoli ma di famiglie, che includesse certo momenti ludici con spettacoli, esibizioni di combattimento e dimostrazioni di falconeria, ma anche momenti di approfondimento culturale con conferenze (per le quali abbiamo allestito un apposito spazio), visite guidate, attività e laboratori didattici per le scuole che comprendessero anche l’utilizzo del parco didattico presso la necropoli.»
Il tema scelto quest’anno era abbastanza particolare: Le leggende del popolo longobardo. Ovvero tutto quel patrimonio di credenze e di riti che i Longobardi di Alboino avevano portato da Oriente e che oggi possiamo intravedere attraverso le descrizioni di autori come Gregorio Magno e Paolo Diacono: il mito delle origini, le figure dei cinocefali (uomini dalla testa di cane), e riti come quello del caput caprae, una danza macabra attorno a teschi di capra descritta a tinte fosche da Gregorio Magno. Tutto questo è stato presentato sì attraverso incontri e conferenze, compresa la presentazione del libro per bambini in Friulano Une zornade cun Berte (“Una giornata con Berta”) di Giovanna Zordan, ma i visitatori hanno potuto davvero toccare con mano quel mondo a metà tra realtà e immaginazione, ricostruito con veri e propri spettacoli a metà tra rievocazione e teatro.
Autore dei testi, è il dott. Nicola Bergamo, ricercatore in Storia Bizantina all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi (dove hanno insegnato, tra gli altri, anche Jacques Le Goff ed Henri Pirenne, per intenderci), e autore per la Libreria Editrice Goriziana del libro I Longobardi. Dalle origini mitiche alla caduta del regno in Italia, in cui ha cercato di sfatare tutti i clichés sui Longobardi e di mettere a fuoco il loro autentico percorso storico. Lo stesso dott. Bergamo ha tenuto una delle conferenze all’interno della manifestazione, proprio in tema, “Miti e Leggende nel folklore Longobardo.”
Pur essendo un accademico, Nicola Bergamo ammette il suo forte legame con questa manifestazione, fin dalla sua prima edizione:
«Non ritengo la rievocazione qualcosa di staccato dal mondo della ricerca storica, tutt’altro,» conferma con la massima tranquillità. «Al contrario, in una società come la nostra, in cui tutto è immagine, penso che la rievocazione storica, soprattutto se fatta bene, possa costituire un ottimo mezzo di divulgazione»
Un fatto che il dott. Bergamo tiene a sottolineare è la vicinanza dei Longobardi più ai popoli delle steppe che non ai Germani, oltre naturalmente i loro forti legami con Bisanzio già prima del loro ingresso in Italia; e a suo dire uno degli indizi più forti di questo fatto sta proprio nelle leggende e nella ritualità propria di questo popolo:
«Prendiamo ad esempio le figure dei cinocefali: letteralmente significa “uomini dalle teste di cane”, e Paolo Diacono ne parla come una sorta di “lupi mannari” che bevessero sangue umano e la cui vista fosse sufficiente a spaventare a morte i nemici. In realtà, probabilmente, erano semplicemente guerrieri mascherati, che, con l’assunzione di pellicce e teschi di cane, divenivano quasi dei “supereroi”; figure simili esistono praticamente in tutte le culture indoeuropee. Quanto al rito del caput caprae, che pare includesse anche una qualche forma di sacrificio umano, si tratta di una reminiscenza pagana legata al culto di Thor, divinità guerriera associata al tuono, ma che, tra le altre cose, propiziava anche l’attraversamento dei fiumi.»
Tra le particolarità di questa manifestazione c’è stato un laboratorio di archeologia che ha coinvolto i ragazzi delle scuole medie. A curarlo, Cristiano Brandolini del gruppo lombardo Insubria Antiqua, archeologo collaboratore con la Soprintendenza Archeologica Statale, e in più rievocatore di lungo corso, al suo secondo appuntamento con Romans Langobardorum.
«Rispetto all’anno scorso, la manifestazione ha fatto un bel balzo in avanti,» osserva. «Soprattutto per quanto riguarda il coinvolgimento delle scuole. Sabato mattina, abbiamo guidato due classi delle scuole medie in uno scavo simulato, attraverso due sepolture riempite di sabbia all’interno del parco archeologico che normalmente sono lasciate a vista a scopo esplicativo. Dentro ognuna di esse vi avevamo posto alcune riproduzioni di oggetti (scramasax, spatha, lancia, umbone di scudo, scure) a comporre il corredo funebre che in origine attorniava la salma del defunto: così i ragazzi hanno potuto cominciare ad approcciarsi in modo divertente e stimolante ad uno scavo archeologico, e l’iniziativa ha riscosso molto successo sia tra loro sia tra i professori.»
Ciò che, più di tutto ha stupito Cristiano Brandolini, però, è stato che il pubblico si sia mantenuto attento e silenzioso durante i momenti della manifestazione, bambini e ragazzi compresi, il che, secondo la sua esperienza, non è per niente facile:
«Io ho tenuto la conferenza di apertura il pomeriggio del 15, su tessitura e abbigliamento in ambito longobardo, e, nonostante la pioggia, con nostra grande sorpresa, l’affluenza è stata buona. E c’era gente di tutti i tipi, dagli “addetti ai lavori” alle famiglie; Durante la giornata di domenica mi ha colpito molto la presenza di un gruppo di portatori di handicap che sono venuti a farci visita ai campi storici. Ho notato, inoltre la presenza, rispetto all’anno scorso, di parecchi fotografi; e fotografi professionisti, alcuni addirittura specializzati nella rievocazione, non chiamati da nessuno ma arrivati di propria volontà. Si vede che la notizia dell’evento si diffonde rapidamente, anno dopo anno, con un bel po’ d’anticipo e che soprattutto sta diventando un evento ben strutturato, con rigore storico e scientifico…»
…a breve potrete leggere altri interessantissimi articoli dedicati alle rievocazioni Longobarde.