di Federica Garofalo
Nel 2017, la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum, festeggiò vent’anni tondi tondi; e in quell’edizione la rievocazione storica rivestì una particolare importanza, con l’invito di gruppi molto importanti provenienti da tutta Italia. L’edizione 2018, invece, a detta di molti, è risultata un po’ sottotono, soprattutto dal punto di vista rievocativo, e della qualità dei gruppi invitati. “Rievocare” avrebbe voluto chiedere conto alla direzione organizzativa della Borsa di questo cambiamento, ma, pur contattata, non è stata possibile raggiungerla. A questo punto, è spontaneo domandarsi quale sia il ruolo che la rievocazione rivesta nel contesto di un evento che con gli anni è entrato comunque nel novero delle rassegne più importanti d’Italia, ovvero se la rievocazione sia davvero considerata con tutta la dignità di un mezzo divulgativo di archeologia e storia al pari degli altri presi in esame, o se piuttosto serva semplicemente come attrazione di contorno, un modo pittoresco per richiamare i visitatori alla Fiera.
Nel 2017, “Rievocare” raggiunse i gruppi più importanti invitati alla XX edizione della Borsa, e chiese la loro opinione su come si sentissero valutati all’interno della manifestazione.
Di sicuro, la presenza più vistosa, e familiare per chi frequenta la Borsa, era rappresentata dalla Legio I Italica, che a Paestum era di casa ormai da sette anni. Ne intervistammo il presidente Corrado Perelli:
«L’edizione del 2017 a nostro avviso fu particolare rispetto le ultime,» ci confidò: «avemmo la possibilità di montare un accampamento completo all’interno dell’area archeologica, avevamo a disposizione una struttura ad hoc per lo svolgimento di alcune didattiche, vi erano coinvolti più rievocatori e gruppi di rievocazione… sono tutti elementi che contribuirono a dare vita a un evento unico rispetto alle edizioni precedenti. La rievocazione storica ha sempre occupato una nicchia rispetto quello che è il fine principale della manifestazione, ma l’accoglienza e gli spazi riservati alla Legio I Italica e ai rievocatori sono sempre stati all’altezza di quanto richiesto dall’Organizzatore. Proprio per questo la risposta del pubblico è sempre stata ottima ed entusiasta. Per quello che abbiamo avuto modo di vedere nel corso degli anni, forse sono proprio gli studenti a godere maggiormente dell’aspetto rievocativo, potendo confrontarsi con aspetti giocoforza trattati marginalmente sui libri di scuola: la possibilità di assaggiare un alimento così com’era preparato 2000 anni fa o toccare con mano un foglio di papiro o di pergamena, sono momenti che possono essere assaporati appieno solo da chi studia e si trova a passare una giornata in un contesto come quello di Paestum e della Borsa del Turismo Archeologico. L’edizione 2017 fu un po’ l’apoteosi per quanto riguarda la rievocazione storica nell’ambito della manifestazione: tanto noi della Legio I Italica quanto gli altri gruppi coinvolti avemmo modo di lavorare al meglio presentando tutto ciò che siamo in grado di offrire a studenti, personalità del settore, appassionati e semplici visitatori.»
Potenzialmente, insomma, quell’edizione avrebbe potuto imprimere una vera e propria svolta alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico; possibilità che, a quanto pare, non è stata sfruttata fino in fondo.
Fu anche l’occasione per invitare gruppi che a Paestum non avevano mai messo piede come i Celti del gruppo piemontese Terra Taurina. Il resoconto del presidente Corrado Amarotto fu a dir poco entusiasta:
«Qualcuno le chiama rovine, quelle strutture possenti che ancora visitano i nostri ricordi, quella selva di maestose colonne su cui poggia così tanta parte della nostra storia e della nostra cultura e che in quei giorni di ottobre si stagliavano davanti ai nostri occhi rapiti ed ammirati, sentinelle titaniche di una antica litica foresta, ipnotiche ed affascinanti sul rosso del tramonto. Qualcuno le chiama rovine, ma per noi che viviamo del passato, la partecipazione alla Borsa Mediterranea del Turismo archeologico a Paestum fu tutt’altro che rovinosa! E così sfruttammo le fondamenta sicure e massicce offerte da quelle pietre ciclopiche, per dare nuova forza e resistenza alla nostra Associazione ed erigere su di esse un nuovo gruppo, più solido e coeso. Fu un cemento piacevole da spalmare sui singoli mattoni che compongono l’edificio chiamato Terra Taurina, per erigere forse piano in più, tirare su qualche nuova struttura, aggiungere un’ala o un cortile, decorare una sala, scavare una cisterna… Il nostro gruppo ne uscì rinvigorito dall’opportunità di conoscere meglio noi stessi e dal confronto con gli altri gruppi presenti, alcuni composti da vecchi amici, altri da certi che entrarono a far parte dei nuovi ed uno composto da antichi nemici a cui va tutto il nostro rispetto e la nostra stima (peraltro immagino reciproca) verso coloro che vedono la storia con occhi diversi dai nostri, ma con lo stesso amore di fondo. Perché alcuni nemici è un onore averli come tali e il passo che separa certi “hostes” dagli amici è così breve… Analoga passione per il passato e curiosità di soffiare via la polvere del tempo dagli oggetti e dalle situazioni che facemmo rivivere, potemmo apprezzare ed ammirare negli occhi del pubblico, di tutte le età e di tutte le nazionalità, sempre preparato ed attento, a volte ammirato ed a volte forse quasi desideroso di coglierci in fallo, ma sempre interessato ed in alcuni casi addirittura entusiasta, mentre assisteva agli scontri trai guerrieri, ai duelli ed alle evoluzioni belliche, ne ammirava le panoplie o il furor guerresco oppure, abbandonato il campo assolato e le arene polverose e rifugiatosi all’ombra accogliente dell’area artigianale, produceva con le sue proprie mani gli oleoliti che si è poi portato a casa quale tangibile ricordo o immergeva lo sguardo, e fortunatamente non le dita, nel metallo fuso da cui si ricreavano gioielli che un tempo abbellivano i graziosi colli di fanciulle ammalianti o ammirava la danza ipnotica, armoniosa e seducente delle dita sul telaio ad intessere le lane colorate o la sicura e sapiente mano che scolpiva il legno o la pietra o ascoltava Colui che Conosce gli Alberi narrare delle loro proprietà e virtù o chiedeva di poter conservare un truciolo trai tanti che tappezzavano il pavimento davanti all’arcaio, come foglie secche che il tempo accumula, ma non disperde ed anzi, raccoglie e conserva, nella memoria di ognuno… Per quelli di noi che ebbero la fortuna di perdersi nelle sale del Museo, poi, fu come vivere in un sogno, andando in esplorazione di una struttura decisamente meritevole di plauso, aggiornata ed al contempo antica, adeguata cornice di reperti splendidi e strabilianti. L’organizzazione fu, se non impeccabile, comunque sempre all’altezza delle aspettative ed eravamo fiduciosi che si sarebbero appianate le piccole pecche evidenziate, minuscole macchioline, che solo la luminosa e chiara perfezione del resto ha reso evidenti.»
Speranza tradita? Fatto sta che nell’edizione 2018 i Terra Taurina non erano presenti.
Così come il gruppo Ars Dimicandi di Bergamo, che con la divulgazione e l’archeologia sperimentale sulla gladiatura avrebbe potuto migliorare in modo sostanziale l’offerta della Borsa del Turismo Archeologico, come ci sottolineò il presidente Dario Battaglia:
«La suggestione che ci condusse a Paestum fu duplice: da un lato la città greco-campana che dal IV secolo a.C. diede i natali al fenomeno della gladiatura: che meraviglia al museo le pitture tombali con le quali, dal 2010 nel De Rebus Gladiatoriis, abbiamo dimostrato il perché e il percome il rituale gladiatorio nacque qui e nelle aree campane circostanti. Fenomeno poi passato agli Etruschi e da questi ai Romani, per espandersi in tutto il mondo antico! E coi Romani ecco il secondo incanto: a poche decine di metri dalla nostra collocazione, l’anfiteatro! In esso lottavano veri gladiatori e lì trionfavano o morivano, esaltando in chi come noi, condivide con gli antichi l’esperienza eroica del combattimento gladiatorio, l’empatia col suolo che si fa sacro!
Ma oltre alle suggestioni, la missione: quale migliore occasione della Borsa Internazionale del Turismo Archeologico, per fare didattica e spettacoli al fine di una divulgazione culturale approfondita? L’archeologia sperimentale e l’archeologia ricostruttiva permettono al pubblico di misurare e contemplare l’Antichità con prospettive diverse rispetto dalla teca – pur insostituibile – del Museo. Così che quando si uniscono il prestigioso contesto della Borsa, l’eccezionalità paesaggistica di Paestum e la qualità divulgativa dei gruppi rievocatori, il successo è garantito.
Ci auguravamo che questa esperienza potesse essere essere ripetuta e perfezionata.»
E invece, a quanto pare, questa esperienza è stata lasciata cadere nel vuoto. Così come lo spunto lanciato da un altro gruppo di rievocazione storica che nel 2017 era lì per la prima volta, ovvero i “Greci” marchigiani dei Simmachia Ellenon.
«Iniziammo la nostra collaborazione con la Borsa del Turismo Archeologico nel 2017,» ci spiegò il Presidente Marco Giordani, con la conoscenza e sostegno del dott. Mauro Cesaretto, che fin da subito sostenne il nostro operato, essendo anche responsabile per la manifestazione della sezione ArcheoExperience; il tutto in collaborazione e sostegno con i nostri amici della Legio I Italica. Essendo stata per noi la prima partecipazione, ci sembrò tutto magico e ci parve di riscontrare un sentimento positivo verso il miglioramento della manifestazione in sé. Fummo accolti da tutte le scolaresche partecipanti in maniera divertita e attenta a tutto quello che facevamo, alle ricostruzioni che proponemmo e alla curiosità generale degli operatori turistici e museali, volta alla scoperta di un mondo ancora non ben inquadrato ma che credo si fosse iniziato a riconoscere, come d’importanza culturale forte sia locale che internazionale. Fu un sogno rievocare gli antichi in un luogo carico di storia. Indubbiamente si può sempre migliorare e penso che i preposti a questo, hanno sicuramente in serbo qualcosa di nuovo per le future edizioni. Cosa che consiglio, è di unire i banchi didattici degli artigiani al resto dei gruppi partecipanti, così da creare ancora di più un’atmosfera unica e magica, che possa trasportare il pubblico indietro nel tempo.»
Insomma, nel 2017 si era cominciato ad imboccare la strada giusta: perché questa strada non è stata perseguita anche per l’edizione successiva? Perché si è lasciato morire uno spunto che avrebbe potuto rappresentare una svolta non solo per Paestum, non solo per il Sud, ma anche per la Rievocazione Storica, la quale avrebbe potuto finalmente assumere la dignità che merita all’interno del discorso della divulgazione della Storia?