A cura di Federica Garofalo
Fotografie fornite da Janet Stephens
Il suo nome è Janet Stephens, e il suo canale Youtube conta più di quarantamila iscritti. Nella sua pagina facebook si definisce “archeologa sperimentale” e “parrucchiera storica”, e la sua specialità è la riproduzione delle acconciature dell’antica Roma, che i suoi video mostrano come riprodurre passo per passo. Tutto questo ci ha incuriositi, e così “Rievocare” ha deciso di andare a trovarla a Baltimora, negli Stati Uniti, dove vive e lavora. Ecco cosa ci ha risposto.
Sono una parrucchiera per professione, e un’archeologa sperimentale per passione (passione anche abbastanza costosa). Sono un’autodidatta, non sono laureata in Archeologia né ho fatto studi in materia. Sono sempre stata affascinata dal passato, e sono nata con la passione per la moda, l’acconciatura e il trucco, passato e presente. Ho sempre desiderato di viaggiare nel tempo, ma sempre per visitare il passato, mai il futuro. I “massimi sistemi” non mi hanno mai interessato, ma sono sempre stata molto incuriosita dalla vita quotidiana della gente comune. Volevo provare i ritmi di vita e l’esperienza dei sapori, degli odori, delle sensazioni, dei suoni, delle abitudini, delle privazioni e dei gesti che sperimentavano. Ecco probabilmente perché il mio lavoro di ricerca mira a capire come la gente facesse le cose nelle epoche passate, utilizzando solo gli strumenti e i materiali che essi avevano a propria disposizione (quando possibile). È così facile per noi moderni proiettare le nostre esperienze sul passato, e le nostre anacronistiche aspettative (il che spesso porta a conclusioni sbagliate o incomplete). Ho potuto risolvere il “mistero” delle acconciature dell’antica Roma perché il primo stile che ho voluto riprodurre non poteva essere fatto con strumenti moderni (per esempio le forcine).
Il mio viaggio nel labirinto degli studi iniziò nel 2001 durante una visita al Walters Art Museum di Baltimora. Pioveva e faceva freddo e avevo bisogno di un posto dove andare mentre mia figlia era a lezione di musica. Vagai per le gallerie e per caso approdai alla sala dei ritratti della Roma antica. Ciò che vidi cambiò la mia vita.
La sala era stata allestita in modo particolare, avevano messo diversi di quei busti al centro, e ci si poteva girare intorno. Per la prima volta potevo vedere l’intera acconciatura, non solo la parte frontale. Mi innamorai in particolare del busto di Giulia Domna, la sua acconciatura era fatta di onde sensuali, trecce ripiegate ai due lati del volto, e sulla nuca aveva una crocchia intrecciata delle dimensioni di un piatto, che assomigliava ai toupets che usava mia nonna quando ero piccola.
Il mio primo pensiero fu che quest’acconciatura sarebbe stata l’ideale per i miei matrimoni, e che avrei potuto cavarci qualcosa sopra. Il tempo di andare a casa e accorsi alla mia postazione e tirai fuori Madeleine, il mio manichino preferito dai capelli lunghi. Per chi di voi non ha un parrucchiere in famiglia, un manichino per parrucchiere assomiglia molto a un busto romano, ma è fatto di plastica con capelli veri. Tutti i parrucchieri li usano per fare pratica.
Madeleine e io cominciammo e andammo avanti finché cercai di riprodurre il toupet. Fallimento totale! Le mie forcine di metallo più resistente non funzionavano, le trecce non stavano su, la crocchia crollò letteralmente, usai così tante forcine che la crocchia si trasformò in un porcospino! Ne fui talmente seccata da andare in biblioteca per cercare qualcosa sulle tecniche di acconciatura nell’antica Roma.
La mia avventura nello studio cominciò lentamente, un articolo qua, un libro là. Ma presto finii per trascorrere tutto il mio tempo libero alla biblioteca della Johns Hopkins University. Cominciai a divorare note, ad annotare bibliografie, lessi tutto quello su cui potei mettere le mani, mi immersi in libri sulla vita quotidiana, storia, cultura materiale, numismatica, arte e letteratura dell’antica Roma.
Scoprii che le acconciature romane sono MOLTO importanti per l’archeologia. Sono usate per identificare personaggi storici e datare manufatti. Scoprii che I Romani non utilizzavano forcine per le loro acconciature: le forcine non sarebbero state inventate prima del XVIII secolo, dunque di certo non le usavano.
Con mia grande sorpresa, scoprii che quasi tutti gli studiosi che hanno scritto in material di capelli in Antichità pensano che le donne romane passassero ore e ore ad acconciarsi ma che al tempo stesso che usassero parrucche! E ne sono così sicuri da non fornire quasi note per giustificare queste affermazioni: le parrucche erano fabbricate su sostegni speciali, non sulle teste delle donne, dunque ci volevano pochi minuti per mettere una parrucca, ma anche supponendo che tutte le donne romane portassero abitualmente parrucche e posticci, come facevano a tenerli a posto senza forcine? In ogni evento, quando guardavo le acconciature delle statue romane, vedevo tutti i comportamenti da manuale dei capelli naturali che vedevo ogni giorno nel mio salone. Ero convinta che questi studiosi si sbagliassero e che ci fosse un modo per ottenere quegli effetti sui capelli naturali senza l’uso di forcine.
Dato che l’acconciatura di Giulia Domna somigliava a un toupet a treccia (che io sapevo tenute insieme da lunghi nastri di stoffa), mi chiedevo se questi risultati si potessero ottenere cucendo tutto insieme invece di usare le forcine.
Per caso mi imbattei in una citazione da Festo che supportava la mia idea:
ACUS : qua sarcinatrix vel etiam ornatrix utitur
AGO: ciò che usa la cucitrice e anche l’ornatrice
Da questo passaggio mi sembrò chiaro che i parrucchieri romani non avessero bisogno di forcine: cucivano i capelli insieme con ago e filo! Una volta provato con la cucitura, l’acconciatura di Giulia Domna si teneva insieme come per magia! Il risultato finale era leggero, facile e veloce da fare. Con ago e filo potevo cimentarmi in ogni acconciatura romana.
Per secoli archeologi e filologi avevano male interpretato questa frase latina perché davano per scontate le proprie acconciature e i propri rituali e, di conseguenza, proiettavano inconsciamente le loro anacronistiche affermazioni sui Romani, proprio come avevo fatto io usando le forcine.
Nel 2008 venne pubblicato sul Journal of Roman Archaeology [JRA 21, 2008] il mio articolo «Ancient Roman hairdressing: on (hair)pins and needles». Pensavo di aver finito, ma era solo l’inizio. Pubblicai un altro articolo per la EXARC, «Recreating the Fonseca Hairstyle», [January 2013, fruibile online], e cominciai a presentare i miei lavori alle conferenze di archeologia (il mio lavoro di ricreazione dell’acconciatura di una Vergine Vestale nel 2013 all’American Institute of Archaeology ricevette molta attenzione quell’anno), e su Youtube. Ho recentemente contribuito con un saggio su Production and Practice of ancient hairdressing all’interno della collana «Cultural History of Hair» vol. 1, Antiquity (Bloomsbury, 2019)
Recentemente sto lavorando su altri video Youtube per la mia serie sulle acconciature storiche, sto scrivendo un capitolo per un prossimo volume sponsorizzato dalla EXARC, e sto lavorando su alcune traduzioni di antichi testi cosmetici in vista della pubblicazione. Utilizzo le mie varie conoscenze pratiche e interessi storici per aggiungere verosimiglianza ai miei video Youtube riguardo agli aspetti della tecnica dell’acconciatura. Svolgo personalmente tutta la ricerca, di scrittura dei testi, costumi, acconciature, fotografia, riprese, montaggio, graphic design, narrazione e post produzione.
Trovo l’insegnamento molto gratificante. Anche se sono parrucchiera a tempo pieno, viaggio periodicamente per lezioni, dimostrazioni e workshop in università e musei, e recentemente ho passato quattro giorni come docente ospite nella Houston public schools. Durante questo viaggio, ho insegnato a ragazzi che andavano dalla quinta elementare alle superiori. Ai bambini non importava niente delle sfide e delle implicazioni economiche di praticare la moda e le acconciature romane ed era divertente vederli confusi all’idea che ci fosse un tempo prima di internet, e-mail, moda pret-a-porter, riviste di moda, o anche lacca, forcine, elastici, phon ed elettricità. Questo li mette davanti al fatto che, se molto è cambiato, più ancora no: gli antichi erano come noi, avevano capelli come noi e potevano realizzare cose molto sofisticate utilizzando strumenti semplici in contesti inaspettati. Penso che, dopo quasi quarant’anni di oblio del lavoro manuale nella pubblica istruzione, i giovani abbiano fame di sapere da dove le cose vengano fuori e come possano essere fatte, e anche di sapere che loro stessi possono farle.
Non sono una rievocatrice, ma ho scoperto che i rievocatori sono una categoria vibrante, bene informata, e soprattutto impegnata. Ovunque abbia fatto presentazioni, i rievocatori hanno fatto le domande più approfondite e provocatorie, e sono spesso meglio informati sull’intero “macrocosmo” della vita nell’Antichità di molti professori che ho incontrato.