a cura di Susanna Tartari
Circa un anno fa, venni invitata a Ginosa (TA), per parlare dei Riti della Passione Vivente.
Su questo sito – non ne abbiamo mai parlato ma, nei giorni che precedono la Santa Pasqua, mi è d’obbligo porre l’attenzione su questo genere di eventi.
Spesso non si sa dove allocarli; rievocazione storica si o rievocazione storica no? Vediamo di fare un po’ di chiarezza, grazie anche all’aiuto del caro amico, storico ed archivista, Fra’ Luigi Carillo Frate Minore Conventuale.
Sin dal Medio Evo erano frequenti le manifestazioni di devozione popolare mediante la recitazione, in forma di quadri teatrali in movimento, dei testi evangelici, primo fra tutti quelli della Passione di Gesù. Il diretto coinvolgimento dei fedeli nel racconto e l’uso dell’ambiente esterno alla chiesa per fare da sfondo al quadro narrativo, completato talvolta dalla costruzione di scenografie effimere, erano caratteristiche innovative rispetto ad una liturgia tradizionale, e assai più efficaci nella proposizione esemplare di un messaggio religioso.
La sacra rappresentazione italiana, pur inquadrandosi nella comune evoluzione del dramma religioso medievale e romanzo, presenta una sua speciale formazione, tanto più vitale e più espressiva in quanto è strettamente legata a determinati movimenti spirituali. e che nel 1260 ridestava il fervore mistico con la predicazione di vari mistici francescani (ad es. Ubertino da Casale, Jacopone da Todi, Raniero Fasani etc…) e con i moti dei flagellanti; l’ambiente in cui sorge è lo stesso; i poeti e gli spiriti che hanno tentato la lauda lirica la trasformano successivamente in lauda drammatica; uguali sono le vie attraverso cui si propaga il nuovo teatro religioso e le masse a cui si rivolge: l’Umbria e i paesi attigui: Abruzzi, Toscana, Roma.
Si risale al sec. XIII, con la costituzione di compagnie laicali di “disciplinati”, che esprimevano il loro culto cantando laude e inscenando rappresentazioni in volgare. Alla fine del Duecento si costituivano già alcuni modelli di teatro religioso, che in progresso di tempo raggiunse il massimo sviluppo, specie con il sec. XV; e proprio per uso dei confratelli di Perugia, nei primi anni del sec. XIV, si componeva e si raccoglieva un Libro de Laude, in cui gli schemi ritmici appaiono modificati e innovati, rispetto al primitivo tipo di lauda (per es., rispetto a quelle di Iacopone e al laudario della confraternita di S. Croce in Urbino), con il modulo della ballata maggiore, introducendo la strofa di otto versi (Canto di Pasqua) e creando la sestina (Canto di Passione), alle quali la sacra rappresentazione rimarrà fedele.
Cosicché, mentre altrove il dramma sacro si svolgeva per gradi da quello liturgico, in Italia si costituiva soprattutto per l’azione di vicende pubbliche e di moti popolari, ricollegandosi a motivi spirituali e a forme poetiche squisitamente profane, anche se in stretto contatto con la Chiesa, con la sua educazione, con gli ordini monastici più diffusi (francescani e domenicani), e sebbene non del tutto immemore degli antichi procedimenti liturgici.
Il repertorio drammatico dell’Italia arriva a circa 300 composizioni, di cui molte si ripetono, si rifanno, si riadattano a catena, con il maggiore disdegno per l’originalità e per la meditazione estetica, frutto come sono di una cultura media, della borghesia più modesta, pronta a improvvisare e a impadronirsi di pochi schemi e d’altra parte restia a staccarsene e a rinnovarsi.
I momenti più evolutivi della storia drammatica si possono individuare in Abruzzo, con un laudario quattrocentesco della confraternita di s. Tommaso d’Aquino di Aquila, a Roma, con la confraternita del Gonfalone e la Passione e la Resurrezione del Colosseo, dove i due grandi drammi erano rappresentati, in Toscana, con una Santa Caterina, composta a Siena, con una fiorentina Discesa al Limbo, e in ultima analisi nella Firenze quattrocentesca e umanistica, che cercò di dare forma d’arte più riflessa e più personale, fino dalle prime, databili intorno alla metà del sec. XV: la Rappresentazione del dì del giudizio di Antonio di Miglio (intorno agli anni 1444-48), Abramo e Isac di Feo Belcari (1449) e una vecchia Rappresentazione dell’Annunciazione, che lo stesso Belcari rielaborava. (Fra’ Luigi Carillo)
Ora, tornando al titolo di questo articolo “I Riti della Passione di Gesù” durante il convegno di Ginosa, mi si chiedeva se questo genere di evento potesse essere una attrazione turistica. Ecco, posso tranquillamente dirvi che, al pari delle altre rievocazioni storiche, questo genere di rappresentazione, sono dei veri volani di valorizzazione di un territorio e non solo in termini turistici. Non bisogna dimenticare che la rievocazione storica oltre ad essere un ottimo mezzo per scoprire la storia del proprio territorio è un modo per creare aggregazione e l’unione a scopo creativo è ciò che meglio ripaga una società cittadina. Per questo, la creazione di un evento non va visto solo per quelle 2/3 giornate in cui si mette in scena, ma va valutato per quanto può dare, in termini umani, in tutto il resto dell’anno.
Come dicevo, la Rievocazione Storica si modifica come evolve l’uomo e si caratterizza nei secoli in base alle esigenze dettate dal progresso. Se nell’antica Roma, la ri-messain scena, era usata per raccontare ciò che accadeva lontano dall’Urbe e per riferire le vittorie in battaglia; nel medioevo abbiamo visto che assume un ruolo importante nell’ambito religioso; nel rinascimento ri-evoca i fasti di nobili antenati e riscopre il periodo classico; tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 vediamo la nascita dei giochi storici preceduti da cortei trionfali che riconducono alla magnificenza delle corti rinascimentali, oggi possiamo dire che la rievocazione storica al cui suo interno si annoverano le Sacre rappresentazioni, oltre ad essere una realtà culturale che rappresenta un modo efficace per tutelare la Memoria, divulgare la storia e creare unione, negli ultimi anni è diventata un mezzo di promozione del territorio. Attraverso questa ARTE è possibile far conoscere un territorio dal punto di vista paesaggistico, culturale, artistico ed enogastronomico. La Toscana, ad esempio, ne ha percepito l’importanza ed ha approvato una legge a tutela e salvaguardia della Rievocazione Storica.
A questo punto però, visto l’importanza di queste rappresentazioni, mi sembra appropriato porre l’accento su tre aspetti molto importanti, che in alcuni casi – proprio nella riproposizione delle Passioni, ancora non vengono presi in considerazione:
– Sconsiglio il ri-mettere in scena una Sacra rappresentazione senza averne prima studiato il significato liturgico.
– Bisognerebbe fare molta attenzione alle regole (ormai scritte su molti libri) della progettazione e realizzazione di un grande evento.
– La rievocazione storica, in tutte le sue espressioni – anche le Sacre rappresentazioni viventi – ora più che mai, esige un disciplinare che prevede lo studio attento delle fonti storiche, comparate ad altre materie utili alla buona realizzazione di tutto il corredo: Abiti, accessori, scenografie, ecc..
Concludo con una riflessione molto importante a cui noi, che costruiamo eventi, dovremmo porre l’attenzione. Anche Mel Gibson, prima di creare “The Passion of the Christ”, lo fece.
La Sacra rappresentazione è soprattutto contemplazione che guarda e rivive la storia della salvezza, nel modo in cui era afferrabile dai testi della messa, dalla Bibbia, dalla liturgia stessa che ne celebra i misteri (Natale, Pasqua, ma anche vita dei santi, della Vergine etc…). Un simile contemplare di cose poste sotto agli occhi, ha l’effetto di imprimere ciò che di stupefacente e meraviglioso erano e che sono i Misteri della vita di Gesù.
**Fotografie raccolte nel web