A cura di Federica Garofalo
Fotografie di Jessica Perchinelli e archivio del Gruppo Storico
“Gli animali nella rievocazione storica”
Tutti conosciamo lo splendido dipinto a olio su tavola di Leonardo da Vinci detto “Dama con Ermellino”, eseguito intorno al 1490 e oggi custodito al Museo Nazionale di Cracovia: il ritratto della sedicenne Cecilia Gallerani, favorita del duca di Milano Ludovico il Moro, con in braccio la bestiola, nei bestiari medievali simbolo di purezza e di equilibrio.
Solo che l’ermellino, in realtà… non è un ermellino.
A dircelo è Laura Richiardi, vice presidente del gruppo di Ciriè (Torino) “I Credendari del Cerro”, specializzato nella ricostruzione della realtà del Piemonte a cavallo fra Tre e Quattrocento. «Si tratta, in effetti, di un furetto maschio albino. È chiaramente visibile nella morfologia dell’animale, e nel colore del pelo bianco sporco, il cosiddetto “bianco Isabella” che denuncia il carattere albino, quello più ricercato negli incroci fin dal Medioevo; in più, un ermellino è difficilmente addomesticabile, mentre il furetto, già a quel tempo era un animale domestico, tenuto sia come animale da caccia (appositamente affamato e usato per far uscire allo scoperto le prede da tana come i conigli selvatici) sia come animale da compagnia.»
Questo, Laura lo può dire a ragion veduta, avendo posseduto in tutto quattro furetti, maschi e femmine. Particolare ricordo di sé ha lasciato un maschio, Mirtillo, per ben cinque anni, dal 2010 al 2015, parte sia della sua famiglia, sia, a tutti gli effetti, del gruppo. «Si può dire che noi abbiamo anticipato la moda dei furetti nei gruppi di rievocazione» scherza Laura «anche se, a dire il vero, la nostra intenzione non era questo. Comprammo Mirtillo prima di tutto per noi, venendo già da un’esperienza con un altro furetto, Snilla, e poi ci venne quasi naturale portarlo anche nel gruppo, come uno di noi. Ci documentammo sulla presenza e sull’uso dei furetti tra il XIV e il XV secolo, anche con testimonianze iconografiche come il Salterio della Regina Maria custodito alla British Library di Londra (eseguito in realtà forse per Isabella di Francia, moglie di Edoardo II d’Inghilterra agli inizi del Trecento), e creammo la figura del cacciatore con il furetto. Per la caccia in genere venivano loro messi la museruola e il guinzaglio, così da non danneggiare la pelle del coniglio, preziosa da conciare: doveva solo spingerlo verso l’uscita, dov’era stata precedentemente sistemata una rete così da farlo cadere in trappola.»
In realtà, però, Mirtillo non aveva decisamente lo spirito del cacciatore: «Era un pacioccone e amava le coccole: quando era in rievocazione era tranquillo e curioso, stava sempre nella sua gabbietta dove dormiva o giocava con i bambini. In casa invece era un uragano, non c’era verso di tenerlo fermo. Era molto affiatato, sia con la famiglia sia con il gruppo; la sua morte per un tumore al pancreas ha lasciato un vuoto enorme.»
Ma quali sono le esigenze di un animale così particolare in un contesto come quello della rievocazione? «I furetti sono animali molto domestici, ma non vanno posti sotto stress» avverte Laura. «Bisogna ponderare bene il contesto in cui lo si porta, tenendo presente che una situazione di rievocazione di tipo cittadino, in cui c’è molto rumore e molta confusione, non va bene per un furetto. Un accampamento va decisamente meglio, ma va anche bene anche l’animazione di un castello, l’importante è che sia tenuto in un ambiente relativamente tranquillo.»
Insomma, va bene la “dama con furetto”, ma… maneggiare con cura.